Nella main card di UFC FIGHT NIGHT di stanotte la proposta è stata di cinque match, dei quali gli unici degni di nota sono risultati a mio parere soltanto due: 




Il primo, degno di nota, è stato il match di apertura della main card, che vedeva Luis Pena contrapporsi ad Alexander Munoz, e poi il main event, uno scontro tra Kevin Gastelum e Robert Whittaker. 

Il primo match tra Pena è Munoz è un match veramente gradevole in cui entrambi gli atleti scelgono una standing'up strategy e passano tutti e tre i round a scambiarsi combinazioni varie ed eleganti, con a mio avviso con una leggera preferenza per lo stile di Alexandrer Munoz, più basso dell'avversario ma più incisivo e potente rispetto a Pena, che comunque fa il suo bel match e non demerita. 

Personalmente avrei dato la vittoria a Munoz per una leggera preferenza stilistica e per il peso dei colpi a segno, ma i giudici non si sono  dimostrati d'accordo con il sottoscritto e hanno premiato Pena per split decision (28–29, 29–28, 29–28). Match combattuto, serrato, molto bello, non ci si annoia.




A seguire il match tra Tracy Cortez e Justine Kish, e qui mi sarei aspettato molto di più dalla Kish in quanto ex campionessa del mondo di muay thai. In realtà invece il match non dice granché, non c'è alcun particolare sussulto, e la Cortez mette a segno dei buoni colpi, sia di braccia che di gambe, oltre a controllare molto bene l'avversaria che in pratica non si rende quasi mai pericolosa. 

Anche qui il match comunque non è gestito in maniera dominante  da nessuna delle due atlete, e proprio per questo motivo abbiamo una seconda split decision, che  premia la Cortez per il numero dei colpi portati a segno (58% rispetto al 46% di Kish) maggiore rispetto a quelli portati dall'avversaria.
Il verdetto finale dato è  29–28 Sal D'amato, 28–29 Derek Cleary, 27-30 Rick Winter, giudizio che in questo caso mi trova d'accordo.




Nel terzo match, valido per la categoria dei pesi medi, Jacob Malkoun sconfigge Abdul Razak Alhassan. Difficile per uno che ama lo striking seguire questo incontro con gli occhi aperti: 15 minuti passati a lottare sul tatami, grande fisicità dei due atleti, ma non ricordo nessun colpo in particolare che mi sia rimasto impresso. Assolutamente predominante in fase di takedown l'attività di Malkoun, il quale porta una quindicina di volte l'avversario a terra e alterna fasi di lotta a fasi di Ground and Pound. Alhassan, pur essendo un esperto judoka, non riesce a limitare l'attività di Malkoun, che porta a casa il match semplicemente grazie alla sua abilità nel portare l'avversario a terra. Decisione unanime e semplice per i giudici (30–27, 30–27, 30–27)




Il match successivo è riservato alla categoria dei pesi massimi, e vede Andrei Arlovski, ex campione del mondo, fronteggiare Chase Sherman. 
Parlare di questo match risulta davvero difficile perché non si sa esattamente come descriverlo. Arlovski sicuramente appesantito, lento, e certamente meno potente dei tempi in cui era veramente un campione. Si muove non certo con eleganza, ma sfrutta la sua esperienza per limitare l'attività dell'avversario, imponendo il suo ritmo, che per raggiunti limiti di età non è certo un ritmo da rock n' roll. L'avversario, d'altra parte, proveniente da una striscia di 4 vittorie consecutive, anche se si è trattato di soli quattro match in tre anni, non fa davvero nulla che sia degno di nota, a parte guardare storto l'avversario prima che il match iniziasse, e credo che questo, giustamente, non sia stato sufficiente per convincere i giudici. Un match che difficilmente sarà inserito nella mia playlist personale "Incontri di rivedere": un vero rimpianto per l'Andrei Arlovski che ho conosciuto come campione, ma capisco il fighter di professione che continua a combattere perché porta la pagnotta a casa, e da questo punto di vista è solo da ammirare, dato che le prestazioni non sono più quelle di una volta, neanche ci si avvicinano, e gli ultimi match non sono stati precisamente memorabili...
Anche qui decisione unanime per un match davvero brutto. (29–28, 29–28, 29–28).




Il Main event vede Robert Whittaker, sfidante numero 1 al titolo, di fronte al numero 8 del ranking mondiale Kevin Gastelum. 
Kevin Gastelum è un combattente duro, un fighter con un grande K.O. power, un uomo che si presenta sul l'ottagono determinato a dare filo di torcere a Whittaker. 
Il problema però è che Robert Whittaker è un campione vero, uno di quelli che da soli valgono il prezzo del biglietto. Il match è una dura lezione per Gastelum, che prima di tutto ha il merito di finire in piedi dopo 5 riprese in cui le tenta tutte per mettere in difficoltà l'avversario, tuttavia senza mai riuscirci.



Troppo superiore Whittaker, il quale nella sua stance da karateka riesce quasi sempre ad  andare a segno col diretto dietro, ad anticipare Gastelum sia col jab che col gancio sinistro senza trascurare un lavoro preciso ed elegante portato avanti con le gambe, sia sinistra che destra, con le quali va spesso a segno. Già nella terza ripresa Gastelum, che affronta il match nella sua guardia mancina, è segnato all'occhio destro per via dei ripetuti ganci sinistri portati da Whittaker, il quale sfrutta il suo footwork, nettamente superiore, la sua straordinaria mobilità, la precisione e la potenza dei colpi. Il match è gradevole, ma senza storia. Decisione unanime e tutti e tre giudici assegnano 50-45 in favore di Robert Whittaker. Inutile dire che anche in questo caso mi trovo d'accordo. 



A questo punto la scelta tra lo sfidante di Adesanya è davvero ardua, perché se Vettori ha la migliore serie positiva della divisione, e ha veramente messo in difficoltà il campione nel match precedente, anche Whittaker sembra pronto per una rivincita più combattuta, e non credo sia più disposto ad andare giù dopo solo 3 minuti.



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